Apnee del sonno e malattie del cuore
Un sonno interrotto più volte nel corso della notte, attiva ripetutamente il sistema nervoso simpatico che promuove il rilascio di ormoni dello stress, con aumento della frequenza cardiaca, della pressione sanguigna e, nel tempo, del rischio di malattie cardiache.
Sempre più ricerche confermano che esiste una stretta correlazione tra le apnee notturne e le malattie cardiovascolari: dormire poco o male, infatti, comporta un aumento di patologie quali ipertensione, diabete, obesità, infarto e ictus.
Il sonno è una componente fondamentale dello stile di vita e dormire correttamente ha la stessa importanza di una sana alimentazione e della giusta quantità di esercizio fisico.
Vediamo in che modo i disturbi del sonno, e in particolar modo l’OSAS, possono influire sull’insorgere di problemi a livello cardiaco e metabolico.
Apnee notturne e rischi cardiovascolari
I rischi cardiovascolari legati alle apnee ostruttive del sonno sono molto alti, soprattutto se queste ultime non vengono adeguatamente trattate.
Vi sono infatti molti fattori che collegano le apnee del sonno alle patologie cardiovascolari. Tra queste c’è l’ipossia, cioè la carenza di ossigeno, un fenomeno negativo per molti organi e apparati tra cui cuore e sistema nervoso centrale.
Durante questo fenomeno, il flusso dell’aria dall’esterno verso i polmoni diminuisce o si interrompe e i livelli di ossigeno nel sangue calano bruscamente.
Il corpo umano reagisce rilasciando l’ormone dello stress, l’adrenalina, con lo scopo di spingere il soggetto in stato di apnea al risveglio e consentire dunque di riprendere la normale attività respiratoria.
In pratica la carenza di ossigeno durante le apnee rappresenta un “pericolo” che scatena nell’organismo proprio una continua “reazione di allarme” e sottopone il sistema cardio-circolatorio ad un ripetuto e prolungato stress.
Esiste davvero una correlazione?
Diversi studi rivelano un’associazione tra apnee notturne e malattie cardiovascolari, comprese le aritmie, le malattie coronariche e l’infarto miocardico.
Quasi la metà delle persone con scompenso cardiaco cronico è affetta da OSAS e ha una sopravvivenza significativamente ridotta rispetto ad altri pazienti con lo stesso problema. Il 50% circa dei pazienti con fibrillazione atriale (l’aritmia più comune) presenta apnee notturne, così come il 30% delle persone che hanno precedentemente subito un infarto.
Tutto questo significa che chi manifesta di soffrire di OSAS ha il doppio delle possibilità di presentare complicanze cardiache o eventi come infarto o ictus.
Viste le strette correlazioni tra OSA e malattie cardiovascolari, appare chiaro come il suo riconoscimento e trattamento sia molto importante.
Le indicazioni riguardo al tipo di terapia dipendono in modo particolare dalla severità del disturbo respiratorio, valutata sull’indice apnea/ipopnea (AHI) e sulla gravità dei sintomi associati.